domenica 11 dicembre 2011

LIVELLI DI ASSISTENZA E FABBISOGNO DI SALUTE


Cosa resterà delle conquiste sociali di un sessantennio, dal secondo dopoguerra del ‘900 alla fine del primo decennio del terzo millennio?
Ai tempi dello Statuto Albertino (1848) il Governo dello Stato di Sardegna era composto da otto ministeri: Esteri, Interni, Guerra e Marina, Finanze, Giustizia e Affari Ecclesiastici, Lavori pubblici, Agricoltura, Commercio.
Mentre festeggiamo il 150° dell’Unità d’Italia, nel crepuscolo della seconda repubblica abbiamo assistito sbigottiti al proliferare di Ministri, al moltiplicarsi di viceministri, al lievitare inarrestabile di sottosegretari nominati in ossequio a una moderna simonia laica (vendita di cariche pubbliche); la marea di personaggi poltronati per ricompensa del cambio di casacca, l’invasione di soggetti garruli (chiacchieroni) e queruli (questuanti), con relativo assorbimento di risorse a livello ministeriale, ha fatto da contrappeso alla contrazione delle prestazioni e alla regressione dei servizi erogati.
Intanto siamo di fronte alla riduzione delle risorse disponibili e all’aumento dei bisogni, indotto nella sanità dalle nuove conquiste tecnologiche e dalle nuove frontiere della medicina.
Eppure la grammatica istituzionale non può connotarsi essenzialmente nel taglio delle prestazioni (a carico del bilancio pubblico) scaricate su cittadini e famiglie. Si può anche insistere sul non voler “mettere le mani in tasca agli italiani”, ma è chiaro che si creano le condizioni perché gli italiani le “mani in tasca” siano costretti a metterle da soli, per pagare sul mercato privato la soddisfazione di bisogni (di tutela della salute) che le pubbliche istituzioni non garantiscono più. Si possono infatti sopprimere i servizi sanitari, ma non scompaiono magicamente i bisogni.
Intanto a livello nazionale, su iniziativa dell’AgeNaS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, il cui direttore è ora neo-ministro della salute del Governo Monti) avanza un nuovo modello fondato su tre reti: emergenza-urgenza (interdisciplinare), ospedali e territorio (distretti).
Per quanto riguarda la rete ospedaliera, è prevista l’articolazione su tre livelli: ‘hub’ (snodi) per ogni 500.000-1.000.000 di abitanti (sedi DEA - dipartimenti di emergenza-assistenza - di secondo livello, dotati di tutte le specialità), ‘spoke’ con bacino di utenza compreso tra 150.000 e 300.000 abitanti (con emergenza-assistenza di primo livello e specialità di media diffusione) e presidi ospedalieri di base (specialità diffuse e bacino di utenza compreso tra 40.000 e 150.000 abitanti). A questa rete si affiancano poi i Punti di Primo Intervento e i pronto soccorso per le aree disagiate.
Va poi garantita l’offerta di funzioni extra-ospedaliere, volta ad assicurare continuità assistenziale a valenza sanitaria, per esempio ai pazienti fragili non autosufficienti.
Posto che i destinatari del servizio sanitario sono i cittadini e il sistema va incardinato sulla centralità del paziente, l’obiettivo non può che essere il miglioramento della qualità dell’offerta sanitaria e, quindi delle cure, coniugate con la sicurezza nell’erogazione dei livelli di assistenza: da questi presupposti occorre partire per la determinazione del “fabbisogno di salute” dei bacini di popolazione e del territorio di riferimento.

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