martedì 29 novembre 2011

Accorpamenti e tagli: e il rischio clinico?

Sanità e ri-tagli / 9 
In 'Corriere del Giorno', 29 novembre 2011
Al di là dei convegni e delle relazioni, cosa resta nella pratica quotidiana del cosiddetto rischio clinico? E come si coniuga tale rischio con i preventivati accorpamenti di reparti nei nostri ospedali? E’ stato valutato l’impatto degli accorpamenti sulle “infezioni nosocomiali” e sulla sicurezza nell’erogazione dei livelli di assistenza? Sarà il caso che la Commissione parlamentare sul rischio clinico torni rapidamente a farci visita per un accurato approfondimento. Tanto per fare qualche esempio, si possono disinvoltamente mettere in ambienti contigui (facendone un unico reparto) i pazienti a cui sono state impiantate protesi ortopediche con l’utilizzo di mezzi di sintesi, placche, viti, chiodi (che necessitano di ambienti perfettamente sterili) con pazienti chirurgici operati per fistole, emorroidi, interventi sull’addome, ecc? E poi, si possono mettere insieme donne gravide, puerpere e neonati con bambini ricoverati in pediatria per bronco-polmoniti, gastroenteriti, ecc? Ancora, si può accorpare medicina e cardiologia per risparmiare sulla presenza di qualche medico e infermiere e alternare le guardie di medici internisti e cardiologi (con una sorta di ‘roulette russa’ - basata esclusivamente sulla fortuna del malcapitato - circa l’attinenza dello specialista di turno all’emergenza del paziente)? Posto che i destinatari del servizio sanitario sono i cittadini e il sistema va incardinato sulla centralità del paziente, come si garantisce il miglioramento della qualità delle cure? Certo, c’è carenza di personale, ma intanto esso è ora distribuito fra i vari presidi in rapporto al bacino di popolazione e utenza? Vi sono pronto soccorso ove diventa spesso impossibile il cambio del turno, a differenza di altri, invece, in cui occorre corrispondere l’indennità d’inedia per la scarsità di lavoro. Venendo poi ai tagli, è proprio vero che essi producano effettivi risparmi? Tagliare sul numero di medici e infermieri è davvero economicamente conveniente per il bilancio della sanità? La ragione-ria, differentemente da quello che superficialmente si ritiene, ancor prima dei numeri, si basa sulla “ragione”. Ordunque, se la riduzione del numero di operatori sanitari costituisce un minor esborso di danaro pubblico per stipendi e retribuzioni, quali sono gli effetti di questi tagli su altri capitoli di bilancio della Regione? Sottrarre operatori sanitari, diminuendo progressivamente sedute operatorie (lasciando colpevolmente inutilizzate attrezzature e sale operatorie costate fior di milioni), è veramente un risparmio? La soppressione dei servizi non determina magicamente la soppressione dei bisogni: di fronte ai tagli dei servizi, ai rinvii degli interventi chirurgici, all’annullamento delle visite e delle prestazioni ambulatoriali, i pazienti si rivolgono altrove, alle strutture ubicate in altra regione, vicina (la Basilicata) o più lontana (centro-nord). Drammatico è il caso dei pazienti oncologici: con il taglio di medici, infermieri e posti-letto diverse prestazioni eseguite in loco ambulatorialmente, con la migrazione dei pazienti in altre regioni costano alla Regione enormemente di più. Ecco che la ragioneria dei tagli smarrisce il rapporto con la ragione e, a dispetto degli obiettivi formali, le spese si moltiplicano in maniera consistente. E allora, quando si comincerà a far di conto usando la ragione?

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